Professione “youtuber” con partita IVA
Nella giornata di ieri ha avuto grande risalto sugli organi di stampa la notizia dell'individuazione da parte della Guardia di Finanza di uno youtuber che, in quanto professionista del web, avrebbe omesso di dichiarare tra il 2013 e il 2018 oltre 600 mila euro di ricavi e non avrebbe versato IVA per oltre 400 mila euro. Nel comunicato diffuso dal Comando provinciale di Firenze si legge che "l'attività del giovane era svolta in modo professionale, in quanto riceveva compensi dalle pubblicità inserite nel video che, quotidianamente, pubblicava sul proprio canale tematico" e che l'attenzione delle Fiamme gialle nei confronti di queste nuove attività professionali "continua a mantenersi alta".
Al di là del caso concreto sul quale naturalmente non è possibile formulare considerazioni, è innegabile che i nuovi strumenti di comunicazione abbiano creato opportunità di lavoro rispetto alle quali le norme fiscali fanno fatica ad adattarsi in automatico. Occorre quindi ricondurre i proventi derivanti da tale attività nelle categorie reddituali classiche previste dal TUIR, tenendo conto di tutte le variabili del caso specifico.
Nel valutare se l'esercizio di una certa attività comporti l'apertura di una posizione autonoma ai fini IVA e determini la produzione di un vero e proprio reddito d'impresa o di lavoro autonomo professionale vanno considerati innanzitutto gli elementi dell'"abitualità" (attività posta in essere con regolarità, stabilità e sistematicità dei comportamenti) e della "professionalità" (pluralità di atti coordinati tra di loro finalizzati a un identico scopo). In assenza di tali elementi, di regola, un'attività potrebbe determinare solo la produzione di un reddito diverso (art. 67 comma 1 lett. i e l) del TUIR) derivante da un'attività commerciale o di lavoro autonomo non esercitata abitualmente. Nella pratica, stante l'assenza di limitazioni di durata, numero o importo, la natura occasionale (o meno) di un'attività deve essere verificata caso per caso, andando a ricercare nella fattispecie concreta le caratteristiche tipiche suindicate.

Un ulteriore aspetto riguarda l'inquadramento delle attività consistenti nella prestazione di servizi, diverse da quelle di cui all'art. 2195 c.c., fra quelle d'impresa o di lavoro autonomo. A tal fine, occorre tener conto dei chiarimenti già forniti dall'Amministrazione finanziaria che ne delineano, con valenza generale, i tratti distintivi. Così, ad esempio, con riferimento all'attività del fotografo, la R.M. n. 129 del 1996 ha precisato che configura attività di lavoro autonomo, a prescindere dall'iscrizione in elenchi o albi, la prestazione che assume gli elementi tipici dell'attività professionale intellettuale, ravvisabili sia nell'impegno a prestare la propria opera per il raggiungimento del risultato sperato, senza alcun obbligo di conseguirlo, sia nel fatto che tra le parti sussista un rapporto fiduciario. Configura, invece, esercizio d'impresa la prestazione che presuppone una prevalente opera di organizzazione di vari fattori produttivi, organizzazione che assume, nei confronti della clientela, una rilevante importanza rispetto alla figura dell'imprenditore.
Con riferimento allo youtuber non emerge un dato preciso dal comunicato della Guardia di Finanza, ma l'inquadramento come impresa o lavoro autonomo dipenderebbe, in base alla prassi citata, dalla configurabilità di un certo grado di organizzazione. Nel caso accertato, l'attività era svolta in modo professionale da diversi anni e veniva remunerata stabilmente dalle pubblicità inserite nei video, in proporzione al numero di visualizzazioni.
Dagli scarsi elementi a disposizione, potrebbe anche riproporsi la tematica già affrontata con riferimento ai compensi percepiti per la messa da disposizione di banner pubblicitari, anch'essi parametrati, solitamente, al numero di accessi al banner da parte dei visitatori, che avevamo inquadrato nell'ambito del reddito d'impresa, dando risalto allo scambio tra spazio pubblicitario e corrispettivo, piuttosto che all'attività di aggiornamento e rivisitazione del sito da parte dell'autore (si veda "Proventi dei «banner» come ricavi d'impresa" del 6 maggio 2011).
Anche in ottica IVA è determinante l'elemento dell'"abitualità", al fine di ricondurre l'attività effettuata tra quelle che, ai sensi dell'art. 4 o dell'art. 5 del DPR 633/72, rilevano sotto il profilo soggettivo (in quanto effettuate nell'esercizio di impresa ovvero nell'esercizio di arti e professioni). È principio noto, secondo la prassi amministrativa, che il requisito di "abitualità" agli effetti dell'IVA ricorre "ogni qualvolta un soggetto ponga in essere con regolarità, sistematicità e ripetitività una pluralità di atti economici coordinati e finalizzati al conseguimento di uno scopo" (R.M. n. 550326 del 1988). Nella situazione dello youtuber, la contestazione della Guardia di Finanza sembrerebbe aver riscontrato il "carattere continuativo e stabile dell'attività imprenditoriale", decisivo, come detto, ai fini dell'assoggettamento ad IVA (cfr. Cass. 30 ottobre 2007 n. 22925).
Sotto il profilo oggettivo, invece, riscontrando gli elementi della corrispettività e dell'onerosità, l'operazione è da ricondursi tra le "prestazioni di servizi", peraltro definite a norma dell'art. 3 del DPR 633/72 in senso sufficientemente ampio da ricomprendervi anche i servizi relativi alla messa a disposizione di contenuti multimediali.